al signor Guido Baccoli invece vorrei dire che sicuramente se sono in questa situazione è proprio perchè la questura sta ancora valutando la pericolosità di mio marito.
il problema fondamentale è, se questa persona fini a poco fa era in Italia,avendo tra l'altro già pagato il suo debito con la giustizia perchè ora non può rientrarci essendo a maggior ragione mio marito?
una cosa sola vorrei sapere;scaduta l'espulsione che cosa succede? è possibile mai che venga riemessa, notificandola a chi tra l'altro???!!!
la sua espulsione scade a giugno e dopo un anno di pene, direi proprio che anche l'avere la certezza che tutto a giugno finirà ,sarebbe già tantissimo!!!
A parte di concordare totalmente con l'esigenza consigliata da Barranqueño, di fare la diffida al Consolato, che sta sospendendo i termini di tempo oltre il dovuto e non puó (esiste recente sentenza che condanna ai danni solo per questa ragione), le rispondo che non é la Questura che decide se suo marito rappresenta un pericolo pubblico, bensí si deduce immediatamente dai vari tipi di reato.
Nuovamente con lo stesso testo da me sopracitato della Cassazione, che in sintesi afferma:
è illegittimo il rifiuto del visto per ricongiungimento familiare ad un cittadino extracomunitario, coniuge di un cittadino italiano, per il solo fatto che sul suo conto sussista una segnalazione ai fini della non ammissione entro lo spazio Schengen (qui si aggiunge l'art 2 bis della 241/90 e la sentenza di condanna solo per aver tardato piú del tempo consentito)....e il punto piú importante é che :ha l'onere quantomeno di allegare l'ininfluenza delle ragioni di detta segnalazione ai fini della proposta richiesta di visto.
Ció significa, che se il reato non´rappresenta un pericolo per la sicurazza pubblica( traffico di droga, mafioso, assassinato, stupro, terrorista etc), basta che suo marito ed o lei, insegni la sentenza di condanna (se é un reato minore), per rendere immediatamente illegittimo il rifiuto in attesa di cancellazione SIS, in rispetto della seguente sentenza:
T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 19 gennaio 2009, n. 279
Procedimento amministrativo - Partecipazione al procedimento - Comunicazioni - Comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento della richiesta del privato - Ex art. 10 bis, l. n. 241 del 1990 - Finalità.
La fase procedimentale prevista dall'art. 10 bis, l. n. 241 del 1990 di comunicazione dei motivi ostativi rappresenta un adempimento necessario ove la determinazione da assumere sia di segno negativo nei confronti del soggetto che ha attivato il procedimento con il conseguente confronto partecipativo del privato le cui osservazioni possono chiarire elementi di fatto o giuridici erroneamente valutati, o non considerati, dall'Amministrazione, con evidenti effetti deflattivi del contenzioso. In detta fase, che mira a realizzare un contraddittorio predecisorio, si innesta quella di replica dell'interessato mediante le controdeduzioni, con le quali questi può far valere eventuali profili di illegittimità dell'atto finale, rinvenibili dall'atto prodromico, profili che dovranno poi essere valutati dall'Amministrazione con il provvedimento conclusivo del procedimento.
Aggiungendoci che non possono sopendere i termini (leggere bene la sentenza nel punto che riporta ''una sostanziale sospensione a tempo indeterminato'') senza pagare i danni e qui sotto le riporto la massima della sentenza niente meno del:
Consiglio Stato, sez. VI, 13/06/2011, n. 3554
Se in astratto può ritenersi condivisibile la tesi della non impugnabilità del preavviso di diniego, di cui all'art. 10 bis, l. n. 241/1990, ad opposte conclusioni deve tuttavia pervenirsi quando a detto preavviso non solo non abbia fatto seguito, in tempi ragionevoli, l'emanazione di alcun provvedimento formale sull'istanza presentata, ma sia anche ravvisabile una sostanziale sospensione a tempo indeterminato del procedimento, con lesione attuale dell'interesse pretensivo del privato e conseguente applicabilità dei principi, pacificamente riconosciuti dalla giurisprudenza in materia di impugnazione degli atti soprassessori. (La sentenza in commento approfondisce il regime d'impugnazione del preavviso di rigetto).Sul punto, il Consiglio di Stato rileva che, in astratto, può ritenersi condivisibile la tesi della non impugnabilità del preavviso di diniego, di cui all'art. 10 bis, l. n. 241/1990.Tuttavia, ad opposte conclusioni deve pervenirsi quando a detto preavviso non solo non abbia fatto seguito, in tempi ragionevoli, l'emanazione di alcun provvedimento formale sull'istanza presentata, ma sia anche ravvisabile una sostanziale sospensione a tempo indeterminato del procedimento, con lesione attuale dell'interesse pretensivo del privato e conseguente applicabilità dei principi, pacificamente riconosciuti dalla giurisprudenza in materia di impugnazione degli atti soprassessori (cfr., fra le tante, Cons. St., sez. IV, 27 aprile 1993 n. 487 e 11 marzo 1997 n. 226)).
Se con questi dati non riesce a fare la Diffida ad adempiere, non mi rimane altro che consigliarle di rivolgersi ad un professionista.