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Corte di Cassazione, sentenza del 30 maggio 2013, n. 13576

Corte di Cassazione, sentenza del 30 maggio 2013, n. 13576
 
Ai sensi dell'art. 3, c. 6, della legge n. 335 il reddito da prendere a riferimento è quello esclusivo della persona che richiede la prestazione, considerato eventualmente il reddito del coniuge ed altri redditi ivi specificamente indicati, che nel caso di specie non sono ravvisabili.
 
Con ricorso al giudice del lavoro di Milano ed in contraddittorio con l’lstituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), B.D., cittadina extracomunitaria titolare di carta di soggiorno per ricongiungimento familiare, chiedeva la concessione dell'assegno sociale ex art. 3 della L 8.08.95 n. 335 in quanto priva di reddito.

2.- Rigettata la domanda e proposto appello dalla B., la Corte d'appello di Milano con sentenza del 15.10.07 accoglieva l'impugnazione e dichiarava il diritto alla richiesta prestazione a decorrere dal primo giorno del mese successivo alla concessione della carta di soggiorno (marzo 2002). Accertava in fatto la Corte che tale documento era stato concesso per ricongiungimento familiare ai sensi dell'art. 29, c. 3, del d.lgs. 25.07.98 n. 286 e che la richiedente apparteneva ad un nucleo familiare composto da sei persone che cumulativamente non raggiungeva un reddito superiore a quello minimo che detto art. 29 considerava necessario per il ricongiungimento (nella specie il triplo dell'importo annuo dell'assegno sociale). La Corte, rilevato che l'attrice, in quanto priva reddito individuale, possedeva il requisito previsto dall'art. 3 della legge n. 335 del 1995 per la concessione dell'assegno sociale al cittadino italiano, per il principio di parità di trattamento tra cittadino nazionale e cittadino extracomunitario, fissato dall'art. 2 della legge n. 286 del 1998, riteneva che dovesse essere concessa la richiesta prestazione.

3.- Contro questa sentenza propone ricorso l'INPS.

Risponde con controricorso B..



Motivi della decisione



4.- Con unico motivo di ricorso, l'INPS deduce violazione dell'art. 3, c. 6-7, della L. 8.08.95 n. 335 e dell'art. 29, c. 3, del d.lgs. 25.07.98 n. 286, rilevando che tale normativa deve essere intesa nel senso che il ricongiungimento familiare presuppone necessariamente che il cittadino extracomunitario per tale motivo autorizzato a soggiornare stabilmente sul territorio nazionale (e perciò munito di carta di soggiorno) sia in possesso di reddito tale da consentirgli l'autonomo sostentamento e che, pertanto, non possa essergli concesso alcun sussidio di carattere assistenziale a carico dello Stato. Dato che non può ritenersi che il legislatore abbia creato egli stesso una situazione di disagio che richiede la protezione dell'assistenza sociale, dovrebbe ritenersi che la richiedente, essendo inserita in un nucleo familiare titolare di reddito tale da garantire il sostentamento di tutti i soggetti che sono entrati in Italia per il ricongiungimento, sia in situazione reddituale tale che gli consenta di godere di sufficienti mezzi di sostentamento senza dover ricorrere alle prestazione assistenziali.

5.- Il quadro normativo in cui la presente controversia si inquadra è il seguente.

L'art. 3 della L. 8.08.95 n. 335 ha sostituito l'istituto della pensione sociale previsto dall'art. 26 della L. 30.04.69 n. 153 (come modificato dal dl 2.03.74 n. 30, conv. dalla L. 16.04.74 n. 114) con l’assegno sociale. Detto art. 3 prevede che "con effetto dall'1.01.96, in luogo della pensione sociale e delle relative maggiorazioni, ai cittadini italiani residenti in Italia, che abbiano compiuto 65 anni e si trovino nelle condizioni reddituali di cui al presente comma è corrisposto un assegno di base non reversibile fino ad un ammontare annuo netto da imposta pari, per il 1996, a lire 6.240.000, denominato «assegno sociale». ... Alla formazione del reddito concorrono i redditi, al netto dell'imposizione fiscale e contributiva, di qualsiasi natura, ivi compresi quelli esenti da imposte e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva, nonché gli assegni alimentari corrisposti a norma del codice civile" (c. 6).

La pensione sociale, espressamente riservata dalla disposizione di legge ai cittadini italiani residenti in Italia, rientra tra le prestazioni che l'art 41 del d.lgs. 25.07.98 n. 286, recante il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, estende agli stranieri regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale. Detto art. 41, infatti, riprendendo il testo dell'art. 39 della l. 6.03.98 n. 40, prevede che "gli stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, nonché i minori iscritti nella loro carta di soggiorno o nel loro permesso di soggiorno, sono equiparati ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale, incluse quelle previste per coloro che sono affetti da morbo di Hansen o da tubercolosi, per i sordomuti, per i ciechi civili, per gli invalidi civili e per gli indigenti".

Successivamente, l'art. 80 della successiva L. 23.12.00 n. 388 (legge finanziaria 2001) ha previsto che "ai sensi dell'art. 41 del d.lgs. 25.07.98 n. 286, l'assegno sociale e le provvidente economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servici sociali sono concesse alle condizioni previste dalla legislazione medesima, agli stranieri che siano titolari di carta di soggiorno; per le altre prestazioni e servizi sociali l'equiparazione con i cittadini italiani è consentita a favore degli stranieri che siano almeno titolari di permesso di soggiorno dì durata non inferiore ad un anno. Sono fatte salve le disposizioni previste dal decreto legislativo 18 giugno 1998, n. 237, e dagli articoli 65 e 66 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni" (c. 19). La portata di tale disposizione è stata ampliata da alcune sentenze della Corte costituzionale (n. 306 del 2008 e 187 del 2010, nonché Cass. 5.07.11 n. 14733) per alcuni aspetti che qui non rilevano.

Sulla base di questa composita disciplina legislativa sopra riferita, deve ritenersi che gli stranieri, anche extra comunitari, in possesso di carta di soggiorno hanno diritto di accedere, alle stesse condizioni previste per i cittadini italiani, alle prestazioni di assistenza sociale e in particolare, per quanto qui interessa, all'assegno sociale.

7.- La presente controversia e la conseguente posizione negatoria dell'assegno sociale assunta dall'INPS nascono dal fatto che la richiedente è titolare di carta di soggiorno ai sensi dell'art. 30, c. 4, del d.lgs. 286 in quanto ha effettuato il ricongiungimento familiare con il figlio e capofamiglia, ai sensi dell'art. 29 dello stesso d.lgs. n. 286. Quest'ultima disposizione prevede che lo straniero che chiede il ricongiungimento deve dimostrare di avere la disponibilità di un alloggio e di un reddito annuo che — nel caso di specie, trattandosi di un ricongiungimento di un numero di familiari superiore a quattro -deve essere non inferiore al triplo dell'importo annuo dell'assegno sociale. Essendo tali condizioni esistenti nel caso di specie, dovrebbe concludersi che la richiedente, essendo inserita nel nucleo familiare del figlio, goda di reddito sufficiente al proprio sostentamento e, pertanto, non possegga il requisito reddituale per godere dell'assegno sociale.

8.- Per quanto riguarda il titolo amministrativo, deve rilevarsi che la carta di soggiorno, in base al già citato d.lgs. n. 286 del 1998, può essere concessa o allo straniero stabilmente e regolarmente soggiornante in Italia (art. 9) o al familiare del medesimo che sia entrato in Italia per ricongiungersi a lui (artt. 29-30). Entrambe le categorie di soggetti titolari di carta di soggiorno (in via diretta, art. 9, e per ricongiungimento familiare, artt. 29-30) rientrano tra gli stranieri che possono accedere alle prestazioni di assistenza sociale ai sensi dell'art. 41 dello stesso d.lgs. n. 286, il quale fa riferimento esclusivo agli "stranieri titolari della carta di soggiorno", prescindendo dal motivo legittimante la concessione.

9.- Per quanto riguarda i requisiti soggettivi, incontestato il requisito anagrafico (non essendo posto in dubbio che la richiedente sia ultrasessantacinquenne), per il requisito reddituale deve richiamarsi quella parte della norma-base dell'art. 3, c. 6, della legge n. 335 per la quale "alla formazione del reddito concorrono i redditi ... di qualsiasi natura, ivi compresi quelli esenti da imposte e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva, nonché gli assegni alimentari corrisposti a norma del codice civile".

Pacifico agli atti che l'attrice non gode di alcun reddito proprio e trae il suo sostentamento dalla convivenza con il nucleo familiare del figlio, soggetto autore del ricongiungimento familiare, deve ritenersi non rilevante, ai fini della concessione dell'assegno sociale la circostanza che detto nucleo familiare, goda di un reddito annuo pari o superiore al triplo dell'importo annuo della prestazione richiesta. Infatti, ai sensi dell'art. 3, c. 6, della legge n. 335 il reddito da prendere a riferimento è quello esclusivo della persona che richiede la prestazione, considerato eventualmente il reddito del coniuge ed altri redditi ivi specificamente indicati, che nel caso di specie non sono ravvisabili.

Le obiezioni mosse dall'INPS non toccano il descritto quadro legislativo e sono frutto di considerazioni che sono prive di carattere sistemico ed hanno un significato più che altro metagiuridico.

10.- In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere rigettato. Le spese del giudizio, come di seguito liquidate, seguono la soccombenza e vanno distratte a favore del difensore di parte controricorrente dichiaratosi antistatario.

I compensi professionali vanno liquidati in € 2.500 sulla base del d.m. 20.07.12 n. 140, tab. A-Avvocati, con riferimento alle tre fasi previste per il giudizio di cassazione (studio, introduzione e decisione) ed allo scaglione del valore indeterminato.



P.Q.M.



Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 50 (cinquanta) per esborsi ed in € 2.500 (duemilacinquecento) per compensi, oltre Iva e Cpa, con distrazione a favore dell’antistatario Avv. A.A..


fonte: programmaintegra
« Ultima modifica: 08 Giugno 2013, 06:22:59 da luogabri »
Saluti
luogabri