02.07.2013 Avviata la sperimentazione della nuova 'carta acquisti' in dodici città italiane Possono accedere alla prestazione anche i lungosoggiornanti, i rifugiati e i titolari della protezione sussidiaria. Domande entro la metà di luglio.
Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 10 gennaio 2013 (G.U. n. 102 del 3 maggio 2013) (72.95 KB)Il facsimile del modulo di domanda per la carta acquisti sperimentale (183.2 KB) L’art. 60 del D.-L. 09.02.2012 n. 5, convertito dalla legge 04.04.2012, n. 35 ha previsto la sperimentazione nei comuni con più di 250.000 abitanti di un nuovo beneficio sociale per i meno abbienti denominato “carta acquisti sperimentale”, da affiancarsi alla carta acquisti “ordinaria”, introdotta dall’art. 81 c. 29 del D.-L. n.112/2008, convertito dalla legge 06.08.2008, n. 133.
Con il decreto Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali dd. 10.01.2013 (pubblicato in G.U. n. 102 dd. 03.05.2013) sono state definitive le modalità attuative del nuovo beneficio sociale con riferimento a: i criteri di identificazione dei beneficiari da parte dei Comuni; l’ammontare delle disponibilità sulle carte acquisti; le modalità di implementazione del beneficio e dei flussi informativi riguardo ai rapporti tra Comuni, INPS quale ‘soggetto attuatore’ e Poste italiane quale “gestore del servizio”.
Si tratta di un beneficio riservato alle famiglie in cui è presente almeno un componente di età inferiore ai 18 anni e che si trovano in condizioni economiche e lavorative di estremo disagio, in particolare con ISEE inferiore o uguale a 3.000 euro e assenza di lavoro per tutti i componenti del nucleo in età attiva con cessazione del rapporto di lavoro avvenuta nei 36 mesi precedenti. Il richiedente dovrà essere residente in uno dei Comuni interessati dalla sperimentazione da almeno un anno.La concessione della Carta sarà condizionata dalla sottoscrizione di un impegno (al momento della presentazione della domanda) da parte del richiedente di adesione al progetto personalizzato che potrebbe riguardarlo. E sarà motivo di esclusione dal beneficio della Carta acquisti sperimentale la mancata sottoscrizione del progetto personalizzato di presa in carico e/o l’attuazione di comportamenti reiterati da parte dei componenti del Nucleo Familiare che appaiano, ai competenti Servizi Sociali comunali, inconciliabili con gli obiettivi e le attività dettagliate nel progetto stesso. Il decreto ha previsto che i dodici comuni destinatari della sperimentazione (Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia, Verona) effettuino una selezione dei beneficiari mediante la compilazione di una prima graduatoria a seguito di avviso pubblico e previa istanza dei diretti interessati su modello prestampato e dichiarazione di atto di notorietà predisposto dal Ministero del Lavoro. Nei giorni scorsi i Comuni hanno diramato gli avvisi pubblici e i termini per la presentazione delle domande scadono verso la metà di luglio, con differenze di alcuni giorni tra Comune e Comune.
Ai Comuni viene affidato il compito di depurare l’iniziale graduatoria sulla base della verifica dei requisiti soggettivi dei beneficiari richiedenti, tra cui i requisiti di nazionalità, in quanto le disposizioni di legge e quelle attuative riservano il beneficio ai soli cittadini italiani o comunitari, ovvero ai familiari di cittadini italiani o comunitari indipendentemente dalla nazionalità, titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero i cittadini stranieri di Paesi terzi lungo soggiornanti (titolari del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti). Si fa notare che sebbene non vengano menzionati nella normativa, i rifugiati e i titolari della protezione sussidiaria sono stati inseriti tra i beneficiari della prestazione sociale, come si evince dal facsimile del modulo di domanda predisposto dal Ministero del Lavoro. L’equiparazione deriva dagli obblighi scaturenti della direttiva 29 aprile 2004 n. 2004/83/CE, attuata in Italia con il d.lgs. 19 novembre 2007, n. 251. L’art. 28 di detta direttiva stabilisce infatti che “1. Gli Stati membri provvedono affinché i beneficiari dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria ricevano, nello Stato membro che ha concesso tali status, adeguata assistenza sociale, alla stregua dei cittadini dello Stato membro in questione 2. In via d’eccezione alla regola generale di cui al paragrafo 1, gli Stati membri possono limitare l’assistenza sociale per i beneficiari della protezione sussidiaria alle prestazioni essenziali, che in tal caso sono offerte allo stesso livello e alle stesse condizioni di ammissibilità previste per i cittadini dello Stato membro in questione”. In sede di recepimento della direttiva, l’Italia non si è avvalsa di tale deroga.
A seguito di trasmissione della graduatoria da parte dei Comuni, l’INPS procede all’identificazione dei beneficiari, mediante proprie verifiche sulla sussistenza dei requisiti soggettivi, con conseguente trasmissione dei dati alle Poste per l’accreditamento delle somme di denaro e ai Comuni per la comunicazione/notifica dei provvedimenti di esclusione agli interessati;
L’esclusione dei cittadini stranieri di Paesi terzi non membri UE dal beneficio della ‘carta acquisti sperimentale’, con le sole eccezioni dei cittadini di altri Stati membri UE e loro familiari, dei lungosoggioranti e dei rifugiati e titolari della protezione sussidiaria, configura i seguenti profili di violazione del diritto dell’Unione europea e del diritto costituzionale:
a) Violazione del principio generale costituzionale di uguaglianza (art. 3 Cost.) e degli obblighi scaturenti dall’adesione alla Convenzione europea dei diritti dell’Uomo (art. 117 Cost.)
Con svariate sentenze (tra cui la n. 187/2010, 329/2011, n. 40/2013), la Corte Costituzionale ha specificato che non possono ammettersi discriminazioni fondate sulla nazionalità o sull’anzianità di residenza nell’ambito di benefici sociali che coinvolgono beni e valori di primario risalto nel quadro dei diritti fondamentali della persona: dalla tutela dell’infanzia e della salute, alla salvaguardia delle condizioni accettabili di vita, di sostentamento economico, alle esigenze di agevolare la futura inclusione sociale e lavorativa del minore disabile. Questo anche in ossequio agli obblighi internazionali scaturenti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e al principio di non –discriminazione da essa sancito all’art. 14, come ribadito dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo (cfr. CEDU, sentenza Koua Poirrez c. Francia, 30 settembre 2003 in particolare paragrafo 43; sentenza Gaygusuz c. Austria, 16 settembre 1996, in particolare paragrafo 45). Con la sentenza n. 10/2010, la Corte Costituzionale ha espressamente affermato che il beneficio della ‘carta acquisti’, essendo rivolto a persone che versino in condizioni di estremo bisogno, realizza un diritto fondamentale della persona, in quanto mira a tutelare il nucleo irriducibile delle dignità della persona umana, per cui la normativa che riguarda tale beneficio sociale deve essere ricostruita alla luce dei principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale di cui- tra l’altro- agli artt. 2 e 3 della Costituzione (paragrafi 6.3 e 6.4 della sentenza). L’esclusione tour court dal beneficio degli stranieri di Paesi terzi regolarmente soggiornanti in Italia appare dunque incostituzionale per violazione del principio costituzionale di uguaglianza e per contrasto della norma interna con la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo (art. 117 c. 1 Cost.).
a) Violazione delle clausole di non discriminazione in materia di sicurezza sociale contenute in taluni Accordi euromediterranei sottoscritti tra la Comunità europea (ora Unione europea) e taluni Paesi della sponda Sud del bacino del Mediterraneo.
Rientrano nel campo di applicazione del diritto comunitario anche le clausole di "non discriminazione" in materia di sicurezza sociale contenute negli Accordi di Associazione euromediterranei stipulati tra la Comunità Europea e i relativi Stati terzi. Si tratta, nello specifico, degli Accordi euromediterranei che istituiscono un'Associazione tra le Comunità Europee e i loro Stati membri, da un lato, e rispettivamente la Repubblica Tunisina, il Regno del Marocco e l'Algeria, dall'altro, tutti ratificati con legge e vincolanti per l'Italia in quanto membro della CE (ora UE). Ugualmente, pari clausola di parità di trattamento è contenuta nella decisione n. 3/80 dell’Accordo di Associazione CEE-Turchia.
Tali accordi, infatti, contengono espressamente una clausola di parità di trattamento nella materia della "sicurezza sociale".
A titolo di esempio, l'art. 68 dell'Accordo euromediterraneo con l'Algeria firmato il 22 aprile 2002 ed entrato in vigore il 10 ottobre 2005 (e clausole del tutto analoghe sono contenute negli accordi con Marocco firmato il 26.02.1996 ed entrato in vigore il 01.03.2000 e Tunisia firmato il 17.07.1995 ed entrato in vigore il 01.03.1998, ma non invece in quelli sottoscritti con Egitto, Israele, Regno di Giordania, Palestina) prevede che "1....i lavoratori di cittadinanza algerina e i loro familiari conviventi godono, in materia di sicurezza sociale, di un regime caratterizzato dall'assenza di ogni discriminazione basata sulla cittadinanza rispetto ai cittadini degli Stati membri nei quali essi sono occupati. 2. Il termine "sicurezza sociale" include i settori della sicurezza sociale che concernono le prestazioni relative alla malattia e alla maternità, all'invalidità, le prestazioni di vecchiaia e per i superstiti, i benefici relativi agli infortuni sul lavoro, alle malattie professionali, al decesso, le prestazioni relative alla disoccupazione e quelle familiari". Il successivo art. 69 specifica quali sono i destinatari della previsione sulla parità di trattamento ovvero "i cittadini delle parti contraenti residenti o legalmente impiegati nel territorio dei rispettivi paesi ospiti", fissando dunque l'unico requisito della residenza o dell'attività lavorativa legale svolta nel territorio della parte contraente.
E' opportuno ricordare al riguardo l'orientamento ormai consolidato della giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, secondo la quale innanzitutto tali disposizioni concernenti il divieto di discriminazioni fondate sulla nazionalità nella materia della sicurezza sociale sono di immediata e diretta applicabilità nell’ordinamento degli Stati membri e hanno il rango di norme di diritto derivato del diritto comunitario, fonte dunque di obblighi e diritti, imponendo dunque la disapplicazione delle norme interne eventualmente confliggenti o incompatibili (in tal senso la causa di riferimento e’ Kziber c. Germania, sentenza CGE 31 gennaio 1991, causa C-18/90).
La seconda importante questione interpretativa risolta dalla Corte di Giustizia europea e’ stata quella riguardante la nozione di "sicurezza sociale" contenuta nei citati Accordi euromediterranei - ed ancor prima negli accordi di cooperazione che li hanno preceduti-, che deve essere intesa allo stesso modo dell'identica nozione contenuta nel regolamento CEE n. 1408/71 (ora Regolamento CE n. 883/2004). Tale regolamento, dopo le modifiche apportate dal Regolamento del Consiglio 30/4/1992 n. 1247, include nella nozione di "sicurezza sociale" oltre alle “prestazioni familiari” ovvero quelle “prestazioni in natura o in denaro destinate a compensare i carichi familiari “ (ora art. 1 lett. z) Reg. CE n. 883/2004), anche le "prestazioni speciali a carattere non contributivo", definite ora prestazioni “miste” ai sensi dell’art. 70 del Regolamento n. 883/2004/CE, [incluse quelle] destinate alla tutela specifica delle persone con disabilità, [...] ed elencate nell'allegato II bis (ora allegato X)" (ad es. Corte di Giustizia Europea, ord. 17 aprile 2007 -causa Mamate El Youssfi c. Office National des Pensions. ; Corte di Giustizia Europea, sentenza Henia Babahenini c. Belgio dd. 15/01/1998, causa C-113/97).
E’ del tutto evidente che la ‘carta acquisti sperimentale’ costituisce una ‘prestazione familiare’ ai sensi del Regolamento CE n. 883/2004 e dunque dovrebbe rientrare nella sfera applicativa del principio di parità di trattamento di cui ai citati accordi euromediterranei. Ne consegue che l’esclusione dal beneficio dei cittadini algerini, tunisini, marocchini e turchi e dei loro familiari costituisce un profilo di violazione del diritto UE.
Sulla diretta e immediata applicazione nell’ordinamento interno della clausola di parità di trattamento di cui agli Accordi euromediterranei, si veda anche: Cassazione, sentenza n. 17966/2011, depositata il 1 settembre 2011.
fonte: ASGI.it