CORTE DI CASSAZIONE, SS.UU., Sentenza n. 1000 dd.
27.01.1995
Svolgimento del processo
Il cittadino greco residente in Italia, Stavros Frenopoulos, avendo contratto
matrimonio con una cittadina italiana, propose istanza per l'acquisto della cittadinanza
italiana in base alla legge n. 123 del 1983, ma l'istanza fu respinta dal Ministero
dell'interno per essere stata pronunciata, nel frattempo, sentenza di separazione legale
contro i coniugi.
Il Frenopoulos convenne, quindi, il Ministero dinanzi al Tribunale di Trieste, che
dichiarò l'avvenuto acquisto della cittadinanza italiana da parte dell'attore. In particolare,
il primo giudice ritenne sussistere la giurisdizione dell'Autorità giudiziaria ordinaria, sul
presupposto che le questioni sul diritto alla cittadinanza rientrano nel più ampio oenus
delle azioni di stato.
La sentenza, impugnata dal Ministero, è stata riformata dalla Corte d'appello di
Trieste, la quale ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario,
argomentando che il conseguimento dello status di cittadino costituisce un diritto
soggettivo quando l'acquisto della cittadinanza discende direttamente ed
automaticamente da situazioni giuridiche perfettamente delimitate dall'Ordinamento,
mentre, quando il conseguimento della cittadinanza è il risultato di un procedimento
amministrativo, in relazione ad esso è configurabile solo un interesse legittimo.
Il Frenopoulos ha proposto ricorso per cassazione, in base a due motivi, illustrati con
memoria, cui il Ministero dell'interno ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo, il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art. 8
della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 e delle norme e principi in materia di giurisdizione
esclusiva, chiedendo affermarsi la giurisdizione del giudice ordinario, per essere a tale
giudice devolute, in via esclusiva e senza distinzioni, le questioni di stato, e negando
efficacia innovativa in materia alla legge n. 123 del 1983. In presenza dei requisiti
prescritti, prosegue il ricorrente, il coniuge straniero del cittadino italiano ha diritto allo
status civitatis, solo che manifesti la propria volontà in tal senso, e, decorso un anno
dalla presentazione dell'istanza, è preclusa in ogni caso l'emanazione del decreto di
rigetto.
Il motivo è fondato.
La questione si è di recente presentata, in termini analoghi, alle Sezioni unite, le quali
hanno affermato il principio, secondo cui, in tema di acquisto della cittadinanza italiana
iure communicatione, il diritto soggettivo del coniuge, straniero o apolide, di cittadino
italiano affievolisce ad interesse legittimo solo in presenza dell'esercizio, da parte della
Pubblica Amministrazione, del potere discrezionale di valutare l'esistenza di motivi
inerenti alla sicurezza della Repubblica che ostino a detto acquisto, con la conseguenza
che, una volta precluso l'esercizio di tale potere - a seguito dell'inutile decorso del
termine previsto (un anno dalla presentazione dell'istanza, in base all'art. 4, 2 comma,
della legge 21 aprile 1983 n. 123, elevato a due anni per il primo triennio di applicazione,
in forza dell'art. 6) - in caso di mancata emissione del decreto di acquisto della
cittadinanza, come di rigetto della relativa istanza, ove si contesti la ricorrenza degli altri
presupposti tassativamente indicati dalla legge, sussiste il diritto soggettivo
all'emanazione dello stesso, per il richiedente, che può adire il giudice ordinario al fine far
dichiarare, previa verifica dei requisiti di legge, che egli è cittadino (sent. 7 luglio 1993 n.
7441).
Poiché nel caso concreto non è contestato che il rigetto dell'istanza di attribuzione
della cittadinanza, non solo non fu pronunciato nell'esercizio del potere discrezionale di
valutazione di motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica (bensì per la ritenuta
mancanza di uno dei requisiti di legge, in relazione alla separazione legale che vi sarebbe
stata tra i coniugi), ma sopravvenne oltre i due anni dalla presentazione dell'istanza, si
da non poter determinare l'affievolimento del diritto, deve concludersi, alla stregua del
richiamato precedente ed in accoglimento del primo motivo del ricorso, che nella
presente controversia la giurisdizione appartiene al giudice ordinario, che verificherà - nel
merito - la sussistenza o meno dei requisiti legali richiesti per l'attribuzione della
cittadinanza.
Resta assorbito il secondo motivo, con il quale il ricorrente si duole della pronunzia
sulle spese.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite, accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara la
giurisdizione del giudice ordinario; dichiara assorbito il secondo motivo. Cassa la
sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Trieste, che statuirà, inoltre, sulle
spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma il 22 settembre 1994.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 27 GENNAIO 1995.