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Sentenze TAR

Sentenze TAR
« il: 14 Ottobre 2013, 17:48:09 »
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1520 del 2012, proposto da:
*****, rappresentato e difeso dall'avv. Massimo Gilardoni, con domicilio
eletto presso Tar Lazio Segreteria Tar Lazio in Roma, via Flaminia, 189;
contro
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura,
domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
silenzio-rifiuto sull'stanza di concessione della cittadinanza italiana -
(art. 117 c.p.a.)
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2012 il dott.
Floriana Rizzetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Il Sig. *****, premesso di essere regolarmente soggiornante in Italia da
un decennio e di aver presentato in data 27.7.09 alla Prefettura di
Vicenza istanza per la concessione della cittadinanza italiana e di non
aver avuto alcun riscontro da parte dell’Amministrazione, nonostante
l’intervenuta scadenza del termine di 730 giorni previsto dall’art. 3 del
d.p.r. n. 362/1994, agisce in giudizio per far dichiarare l’illegittimità
del silenzio serbato dall’Amministrazione sull’istanza in questione ed
ottenere la condanna all’adozione di un provvedimento espresso conclusivo
del relativo procedimento ai sensi dell'articolo dall'art. 117 del D.
Lgvo 2.7.2010, n. 104.
Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata che resiste solo
formalmente.
Alla Camera di Consiglio del 17.5.1.2012 la causa è trattenuta in
decisione.
Il ricorso va accolto.
La legge 5.2.1992 n. 91, all’art. 9, individua le ipotesi in cui “La
cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente
della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro
dell’Interno”.
Il citato D.P.R. n. 362/1994, con il quale è stato approvato il
regolamento per la disciplina dei procedimenti di acquisto della
cittadinanza italiana, all’art. 3, espressamente prevede che “Per quanto
previsto dagli articoli 2 e 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241, il
termine per la definizione dei procedimenti di cui al presente
regolamento è di settecentotrenta giorni dalla data di presentazione
della domanda”.
A sua volta il D.M. 24.3.1995 n. 228 dispone che “La tabella A, allegata
al D.M. 2 febbraio 1993, n. 284, del Ministro dell'interno di adozione
del regolamento di attuazione degli articoli 2 e 4 della legge 7 agosto
1990, n. 241, riguardanti i termini di conclusione ed i responsabili dei
procedimenti imputati alla competenza degli organi dell'Amministrazione
centrale e periferica dell'interno, nella parte relativa ai procedimenti
di competenza della divisione cittadinanza del servizio cittadinanza
affari speciali e patrimoniali della Direzione generale per
l'amministrazione generale e per gli affari del personale, è modificata
nel senso che i termini finali per la definizione dei provvedimenti di
conferimento e di concessione della cittadinanza italiana, di cui
rispettivamente agli articoli 5 e 9 della legge 5 febbraio 1992, n. 91,
sono fissati in settecentotrenta giorni in luogo di millenovantacinque
giorni”.
Alla stregua delle predette disposizioni, pertanto, il Ministero
dell’Interno aveva l’obbligo di pronunciarsi entro il richiamato termine
di settecentotrenta giorni dalla data di presentazione della domanda.
Detto termine, nella fattispecie in esame, è inutilmente spirato in data
27.7.09, non essendo stata a tutt’oggi adottata nessuna pronuncia
espressa da parte dell’amministrazione.
Il ricorso va pertanto accolto con conseguente declaratoria dell’obbligo
del Ministero dell’Interno intimato di pronunciarsi con un provvedimento
espresso in ordine alla richiesta di cittadinanza italiana presentata dal
ricorrente entro il termine di 90 giorni dalla comunicazione o
notificazione della presente sentenza.
Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare tra le parti le spese di
giudizi, compresi diritti ed onorari.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione II quater,
accoglie il ricorso in epigrafe nei sensi di cui in motivazione e, per
l’effetto, ordina al Ministero dell’Interno di adottare una
determinazione esplicita e conclusiva in ordine alla istanza in
questione, entro il termine massimo di giorni 90 dalla comunicazione o
notificazione della presente sentenza.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2012
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/07/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

fonte: http://www.libertaciviliimmigrazione.interno.it/dipim/export/sites/default/it/assets/documenti_cittadinanza/TAR_Lazio_dec_6056_2012.pdf
« Ultima modifica: 28 Ottobre 2013, 15:27:09 da Action »

Re:Sentenze tar
« Risposta #1 il: 20 Ottobre 2013, 11:30:15 »
NOTA

La sentenza in rassegna ha accolto il ricorso del cittadino indiano contro il silenzio serbato dal Ministero dell’interno sulla sua istanza diretta a ottenere la cittadinanza italiana.

Il TAR ha dichiarato che il silenzio serbato dall’amministrazione viola l’art. 3, comma  3, D.P.R. 18 aprile 1994 n. 362, che fissa il termine per la conclusione del procedimento in settecentotrenta (730) giorni, decorrenti dalla presentazione della domanda.

Il TAR ha, quindi, fissato al Ministero un nuovo termine di sessanta (60) giorni per definire la pratica, precisando che, in caso di ulteriore ritardo, il TAR provvederà alla nomina di un commissario ad acta.

* * *

N. 01002/2011 REG.PROV.COLL.

N. 01170/2010 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1170 del 2010, proposto da:
Amararjt Singh, rappresentato e difeso dall’avv. Aldo Luca Nobili Ambrosini, con domicilio eletto presso Aldo Luca Nobili Ambrosini in Brescia, c.so Cavour, 27;

contro

Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliata per legge in Brescia, via S. Caterina, 6;

per l’accertamento

del silenzio e l’ordine di provvedere da parte dell’amministrazione sull’istanza presentata dal ricorrente in data 25/7/2008 (K10/173127), volta ad ottenere la cittadinanza italiana.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2011 il dott. Sergio Conti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Il ricorrente, cittadino indiano, ha presentato in data 25 luglio 2008 istanza alla Prefettura di Brescia per ottenere la cittadinanza italiana. La richiesta è stata formulata ai sensi dell’art. 9 comma 1 lett. f) della legge 5 febbraio 1992 n. 21 (straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica).

In assenza di alcuna risposta, con atto notificato il 4.10.2010 e depositato il 19.10.2010, Amararjt Singh ha proposto ricorso, ex art.117 c.p.a., per far accertare il carattere illegittimo del silenzio serbato dall’Amministrazione e far dichiarare il dovere della medesima di provvedere sulla domanda, essendo stato superato il termine per la definizione del relativo procedimento, stabilito, dall’art. 3 del DPR 18 aprile 1994 n. 362, in 730 giorni decorrenti dalla presentazione della domanda.

In data 22.10.2010 si è costituita in giudizio l’Amministrazione, eccependo l’incompetenza territoriale della Sezione, posto che, spiegando il diniego effetto sull’intero territorio nazionale, sussiste la competenza territoriale del TAR Lazio.

Alla camera di consiglio del 15.12.2010 – fissata ex art. 87 c. 3 c.p.a.- l’Amministrazione non ha prodotto alcuna documentazione relativa allo stato della pratica in questione.

Con sentenza non definitiva n. 4992/10 depositata il 29.12.2010, la Sezione ha affermato la sussistenza della competenza territoriale, richiamando il proprio indirizzo al riguardo, ed ha ordinato al Ministro degli Interni di depositare, presso la Segreteria della Sezione, una relazione di chiarimenti con allegata la relativa documentazione, nel termine di girni 30, rinviando per l’ulteriore trattazione alla camera di consiglio del 9.2.2011.

In data 2.2.2011 l’Avvocatura dello Stato ha depositato la nota in data 20.1.2011 del Ministero dell’interno con la quale si rappresenta che la pratica non risulta ancora conclusa essendosi in attesa di rapporto informativo dalla Questura e di una verifica dattiloscopia in considerazione della sussistenza di numerosi omonimi aventi precedenti .penali.

Alla c.c. del 9.2.2011 il ricorso veniva quindi rinviato all’11.5.2011, in attesa di ricevere ulteriori riscontri.

Alla c.c. dell’11.5.2011 veniva disposto ulteriore rinvio al 22.6.2011, ma l’Amministrazione non faceva pervenire alcun ulteriore notizia, sicché alla c.c. del 22.6.2011 il ricorso veniva trattenuto in decisione.

Il ricorso va accolto.

La legge 5.2.1992 n. 91, all’art. 9, individua le ipotesi in cui “La cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell’Interno”.

Il citato D.P.R. n. 362/1994, con il quale è stato approvato il regolamento per la disciplina dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana, all’art. 3, espressamente prevede che “Per quanto previsto dagli articoli 2 e 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241, il termine per la definizione dei procedimenti di cui al presente regolamento è di settecentotrenta giorni dalla data di presentazione della domanda”.

A sua volta il D.M. 24.3.1995 n. 228 dispone che “La tabella A, allegata al D.M. 2 febbraio 1993, n. 284, del Ministro dell’interno di adozione del regolamento di attuazione degli articoli 2 e 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241, riguardanti i termini di conclusione ed i responsabili dei procedimenti imputati alla competenza degli organi dell’Amministrazione centrale e periferica dell’interno, nella parte relativa ai procedimenti di competenza della divisione cittadinanza del servizio cittadinanza affari speciali e patrimoniali della Direzione generale per l’amministrazione generale e per gli affari del personale, è modificata nel senso che i termini finali per la definizione dei provvedimenti di conferimento e di concessione della cittadinanza italiana, di cui rispettivamente agli articoli 5 e 9 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, sono fissati in settecentotrenta giorni in luogo di millenovantacinque giorni”.

Alla stregua delle predette disposizioni, pertanto, il Ministero dell’Interno aveva l’obbligo di pronunciarsi entro il richiamato termine di settecentotrenta giorni dalla data del 7.1.2008, di presentazione della domanda.

Nella specie, non risulta che il predetto Ministero abbia adottato il provvedimento conclusivo del procedimento allo stesso affidato entro il richiamato termine.

Poiché l’Amministrazione non ha fornito elementi a giustificazione della mancata pronuncia sull’istanza di concessione della cittadinanza è necessario fissare apposito termine, pari a 60 giorni dalla comunicazione della presente sentenza, per la definizione della pratica, con la precisazione che, in caso di ulteriore ritardo, il TAR provvederà alla nomina di un commissario ad acta.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in € 800 oltre agli oneri di legge.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, dichiara illegittimo il silenzio dell’Amministrazione e ordina di provvedere come precisato in motivazione.

Condanna l’Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio a favore del ricorrente, che liquida in € 800,00 oltre ad accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Petruzzelli, Presidente

Sergio Conti, Consigliere, Estensore

Mario Mosconi, Consigliere

   
   
L’ESTENSORE  IL PRESIDENTE
   
   
   
   
   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/07/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

fonte: http://www.amministrativistaonline.it/giurisprudenza/t-a-r-lombardia-brescia-sentenza-5-luglio-2011-n-1002/

Re:Sentenze TAR
« Risposta #2 il: 03 Novembre 2013, 16:13:06 »
TAR Lombardia Sentenza del 5 maggio 2009 - cittadinanza italiana in 730 giorni
TAR Lombardia Sentenza n. 913 del 5 maggio 2009 - cittadinanza italiana in 730 giorni
Nel caso di specie un cittadino albanese ha presentato ricorso contro il silenzio serbato dal Ministero dell’Interno sulla domanda di concessione della cittadinanza italiana presentata ai sensi dell’art. 9 comma 1 lett. f) della legge 5/2/1992 n. 21.L’istanza relativa è stata presentata dal ricorrente il 5.2.2007 ed è inutilmente decorso il termine di 730 giorni previsto dall’art. 3 del D.P.R. 362/94.
Ebbene, il termine di cui all’art. 3 del D.P.R. 362/1994 è ordinatorio nel senso che l’amministrazione conserva il potere di decidere anche dopo la scadenza – in quanto il silenzio non ha un valore legale tipico – ma la circostanza che il provvedimento tardivo sia legittimo non elide l’illegittimità del ritardo stesso e la conseguente possibilità per l’interessato di richiedere, fin tanto che il silenzio permane, la tutela di cui all’art. 21-bis della legge 1034/1971.
Per tutto ciò il ricorso è fondato e va accolto, e va quindi dichiarato l’obbligo del Ministero dell’Interno intimato di pronunciarsi con un provvedimento espresso in ordine alla richiesta di cittadinanza italiana presentata dall’odierno ricorrente, entro il termine di 60 giorni dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, ovvero dalla sua notificazione se anteriore.

N. 00913/2009 REG.SEN.

N. 00327/2009 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 327 del 2009, proposto da:
Jeyarajah Saravanamuthu, rappresentato e difeso dall'avv. Stefano Orlandi, con domicilio eletto presso T.A.R. Segreteria in Brescia, via Malta, 12;


contro

Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Brescia, via S. Caterina, 6;


per l'annullamento

del silenzio da parte del Ministero dell'Interno sull'istanza presentata in data 5/2/2007 (K10124562), volta ad ottenere la concessione della cittadinanza italiana..



Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 30/04/2009 il dott. Mario Mosconi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:



FATTO e DIRITTO

Rilevato:

- che il ricorrente, cittadino albanese, ha chiesto - in questa sede – l’accertamento del silenzio serbato dal Ministero dell’Interno e la sua condanna a provvedere sulla domanda di concessione della cittadinanza italiana, ai sensi dell’art. 9 comma 1 lett. f) della legge 5/2/1992 n. 21;

- che l’istanza relativa è stata presentata dal ricorrente il 5.2.2007 ed è inutilmente decorso il termine di 730 giorni previsto dall’art. 3 del D.P.R. 362/94;

Atteso:

- che l’art. 9 della L. 5/2/1992 n. 91 individua le ipotesi in cui “La cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell’Interno”.

- che il D.P.R. n. 362/1994, con il quale è stato approvato il regolamento per la disciplina dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana, all’art. 3 espressamente prevede che “Per quanto previsto dagli articoli 2 e 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241, il termine per la definizione dei procedimenti di cui al presente regolamento è di settecentotrenta giorni dalla data di presentazione della domanda”.

- che – alla stregua delle predette disposizioni – il Ministero dell’Interno aveva l’obbligo di pronunciarsi entro settecentotrenta giorni dal 5.2.2007, data di presentazione della domanda;

- che l’amministrazione non ha adottato il provvedimento conclusivo del procedimento di sua competenza entro il richiamato termine;

- che con relazione depositata il 7.4.09 il Direttore centrale per i diritti civili e la cittadinanza del Ministero ha comunicato che l’istruttoria è ancora in corso, in quanto manca ancora il parere riguardante l’assenza di motivi attinenti alla sicurezza dello Stato;

Evidenziato:

- che il Tribunale ha già affermato che tale ultima circostanza non è idonea a giustificare la mancata pronuncia nel detto termine, posto che le questioni organizzative e i ritardi accumulati per la difettosa collaborazione tra gli uffici non possono trasformare in recessiva l’aspettativa dello straniero alla certezza dei tempi amministrativi (cfr. ex multis precedenti anche di questa Sezione);

- che la natura discrezionale delle valutazioni relative alla concessione della cittadinanza non consente di prolungare senza motivo l’attesa del provvedimento finale (positivo o negativo che sia);

- che il termine di cui all’art. 3 del D.P.R. 362/1994 è ordinatorio nel senso che l’amministrazione conserva il potere di decidere anche dopo la scadenza – in quanto il silenzio non ha un valore legale tipico – ma la circostanza che il provvedimento tardivo sia legittimo non elide l’illegittimità del ritardo stesso e la conseguente possibilità per l’interessato di richiedere, fin tanto che il silenzio permane, la tutela di cui all’art. 21-bis della legge 1034/1971;

- che il rimedio sostitutivo contemplato dalla disposizione citata non ha per presupposto il carattere assolutamente omissivo del comportamento ascrivibile all’amministrazione tenuta a provvedere, ma bensì il superamento dei confini temporali entro i quali l’azione amministrativa – se vuole risultare conforme ad inderogabili esigenze di celerità ed efficienza – è destinata a svolgersi e a concludersi con l’adozione di un provvedimento espresso;

- che pertanto il compimento di qualsivoglia attività istruttoria, quando non sia sfociata nell’adozione dell’atto conclusivo dell’iter procedimentale, non osta alla configurazione, giuridicamente intesa, del silentium (ex multis T.A.R. Campania Salerno, sez. II – 10/10/2006 n. 1642);

Considerato:

- che in conclusione il ricorso è fondato e va accolto, e va quindi dichiarato l’obbligo del Ministero dell’Interno intimato di pronunciarsi con un provvedimento espresso in ordine alla richiesta di cittadinanza italiana presentata dall’odierno ricorrente il 5.2.2007, entro il termine di 60 (sessanta) giorni dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, ovvero dalla sua notificazione se anteriore;

- che, in caso di inottemperanza, previa semplice istanza della parte ricorrente, il Tribunale provvederà alla nomina di un Commissario ad acta;

- che le spese del presente giudizio possono compensarsi soccorrendo al riguardo sufficienti motivi.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione staccata di Brescia, definitivamente pronunciando, dichiara illegittimo il silenzio serbato e ordina al Ministero dell’Interno di pronunciarsi con un provvedimento espresso sulla domanda del ricorrente entro il termine di giorni 60 (sessanta) dalla comunicazione in forma amministrativa della presente sentenza, ovvero dalla sua notificazione se antecedente.

Spese allo stato - compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 30/04/2009 con l'intervento dei Magistrati:


Giuseppe Petruzzelli, Presidente

Mario Mosconi, Consigliere, Estensore

Mauro Pedron, Primo Referendario



   
   
L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE
   
   
   
   
   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/05/2009

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO

fonte: http://www.stranieriinitalia.it/tribunali_amministrativi-tar_lombardia_sentenza_del_5_maggio_2009_cittadinanza_italiana_in_730_giorni_7893.html

naweed

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Re:Sentenze TAR
« Risposta #3 il: 05 Novembre 2013, 21:55:56 »
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 4992 del 2011, proposto da:
………………., rappresentato e difeso dagli avv. Michelina Stefania, Fabrizio Preziosi, con domicilio eletto
presso Fabrizio Preziosi in Roma, via Machiavelli, 47;
contro
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata per legge in Roma,
via dei Portoghesi, 12; U.T.G. - Prefettura di Cuneo;
per l'annullamento
del decreto del Ministro dell’Interno prot. n. K10C241805/R del 7.3.11 con il quale è stata respinta l’istanza
prodotta dal ricorrente il 9.2.2007 ai fini del riconoscimento della cittadinanza italiana;
del parere del Consiglio di Stato n. 3506 del 29.9.2010 nonché della nota dell’Avvocatura generale dello
Stato del 13.5.2010.
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 aprile 2012 il dott. Floriana Rizzetto e uditi per le parti i
difensori come specificato nel verbale;
 
Con il ricorso in esame il Sig. Amar Medjouti, cittadino di origine algerina, presente in Italia dal giugno 2002
e coniugato con cittadina italiana dal 8.5.2006 e padre di tre figli, impugna il decreto del Ministro
dell’Interno prot. n. K10C241805/R del 7.3.11 con il quale è stata respinta l’istanza di concessione della
cittadinanza italiana iuris communicatione, sulla base delle risultanze dell’attività istruttoria svolta su
conforme parere del Consiglio di Stato, per motivi inerenti alla sicurezza dello Stato. Avverso l’impugnato atto di diniego vengono dedotte le seguenti censure:
1) Violazione degli artt. 5, 6 e 8 L. 5.2.1992 n. 91;
2) Eccesso di potere: difetto assoluto di motivazione, difetto di istruttoria, motivazione apparente.
Violazione dell’art. 3 L. n. 241/1990 in relazione agli artt. 5, 6 e 8 L. 5.2.1992 n. 91;
Si è costituito per resistere il Ministero dell’Interno, depositando dettagliato rapporto difensivo.
All’udienza pubblica del 27.4.2012 la causa è trattenuta in decisione.
Il ricorso è fondato sotto l’assorbente profilo di censura dedotto con il primo motivo, ove il ricorrente
lamenta la violazione dell’art. 8, comma 2, della legge 5.2.1002 n. 91, sull’assunto che, essendo decorso il
termine biennale previsto da detta disposizione, l’Amministrazione non aveva più il potere per respingere
l’istanza di cui trattasi. Dispone, infatti, il citato art. 8, comma 2, della legge 5.2.1992 n. 91, che
“L’emanazione del decreto di rigetto dell’istanza è preclusa quando dalla data di presentazione dell’istanza
stessa, corredata dalla prescritta documentazione, sia decorso il termine di due anni”. Secondo
l’orientamento giurisprudenziale in materia (Cass. SSUU, n. 744/93 e 1000/95) condiviso dalla Sezione, tale
norma va interpretata nel senso che l’istanza di cittadinanza presentata ai sensi dell’art. 5 della legge
5.2.1992 n. 91 non possa più essere respinta, decorso il periodo sopraindicato, nemmeno adducendo la
sussistenza di motivi inerenti la sicurezza della Repubblica che, a termini dell’art. 6, comma 1, lett. c della
legge suindicata, precludono l’acquisto della cittadinanza italiana” (TAR Lazio, Sez. II quater n. 859/2007 e
n. 3485/2011).
Nella fattispecie, essendo l’istanza in questione stata presentata in data 9.2.2007, il provvedimento di
rigetto del 7.3.2011 risulta essere stato tardivamente adottato quando ormai era già da tempo scaduto il
termine biennale prescritto dall’art. 8, secondo comma, della legge 5.2.1992 n. 91 sopra richiamato e
quindi l’autorità procedente era decaduta dal potere di rifiutare il beneficio richiesto.
Né, in senso contrario, giova alla resistente invocare la possibilità di applicazione, in via analogica - secondo
la tesi sostenuta dall'avvocatura erariale nella nota del 13.5.2010 richiamata e posta anch’essa a
fondamento dell’atto di diniego impugnato – della sospendibilità del termine in contestazione durante il
periodo necessario per l'accertamento della responsabilità penale dell’interessato prevista dall’art. 4 co. 6.
La disposizione invocata, infatti, evidentemente finalizzata ad evitare l’inserimento nella Comunità di
soggetti che abbiano commesso reati, pone quale condizione per la sospensione della procedura l’avvenuta
proposizione dell’azione penale, che invece nella fattispecie non si è verificata.
In definitiva il legislatore ha ritenuto prevalente l’interesse alla sopravvivenza dello Stato e dell'incolumità
delle persone presenti sul suo territorio, rispetto all’esigenza di unità del nucleo familiare del soggetto
italiano coniugato con persona straniera, solo per il determinato biennio (T.A.R. Lazio, sez. II quater
4.7.2011 n. 5826), imponendo all’Amministrazione, all’evidente fine di assicurare certezza delle posizioni
giuridiche dei componenti del nucleo familiare del cittadino, di effettuare le dovute indagini entro il
predetto lasso temporale e quindi subordinando l’esercizio del potere di respingere l’istanza di cittadinanza
dei soggetti in parola al ripetuto termine decadenziale.
Quanto infine alla dedotta inapplicabilità dell’istituto del silenzio assenso di cui all’art. 20, comma 4, della
legge n. 241/1990 agli atti concernenti la difesa nazionale e la pubblica sicurezza – anch’essa invocata dalla
resistente –è già stato chiarito che essa non può essere invocata al fine di superare la preclusione di cui al
citato art. 8, comma 2, della legge n. 91/1992, in quanto con la richiamata disposizione il legislatore non ha
inteso qualificare normativamente il comportamento inerte, quanto piuttosto fissare un termine decadenziale per l’esercizio del potere in questione, scaduto il quale l’Amministrazione viene privata del
potere di respingere l’istanza di riconoscimento della cittadinanza (cfr., sul punto, Cass. Civ., Sez. Unite,
Sentt. 7-7-1993, n. 7441 e 27-1-1995, n. 1000). In tale prospettiva la Sezione ha ripetutamente annullato i
provvedimenti di diniego adottati oltre il termine sopraindicato (T.A.R. Lazio Roma, sez. II quater, 20 aprile
2011 , n. 3485).
In conclusione, e per quanto sopra argomentato, il provvedimento di diniego di cittadinanza italiana ed il
presupposto parere del Consiglio di Stato risultano illegittimi essendo stati adottati quando il potere di
respingere l’istanza di riconoscimento della cittadinanza italiana era ormai decaduto per il decorso del
termine biennale fissato dall’art. art. 8, comma 2, della legge 5.2.1992 n. 91.
Il ricorso va pertanto accolto, con conseguente annullamento dell’impugnato decreto del Ministero,
unitamente al presupposto parere del Consiglio di Stato, restando assorbite le ulteriori censure dedotte.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio, ivi
compresi diritti ed onorari.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sez. II quater, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto,
annulla gli atti impugnati.
Spese, diritti e onorari, compensati.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 27.4.2012 e 11.10.2012 con l'intervento dei
magistrati:
Angelo Scafuri, Presidente
Stefania Santoleri, Consigliere
Floriana Rizzetto, Consigliere, Estensore
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/10/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

naweed

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Re:Sentenze TAR
« Risposta #4 il: 05 Novembre 2013, 21:59:40 »
TAR Lombardia, Brescia, Sezione I, Sentenza n. 1637 del 14 novembre 2008 Ai fini dell'acquisto della cittadinanza italiana non è sufficiente la permanenza ininterrotta dello straniero senza la contestuale iscrizione anagrafica.
Il ricorrente con il presente gravame ritiene illegittimo il provvedimento con il quale il Ministro dell’Interno ha respinto l’istanza diretta ad ottenere la cittadinanza italiana lamentando, nelle censure svolte, l’illegittimità della cancellazione anagrafica (intervenuta in carenza dei presupposti) e affermando la sussistenza del requisito previsto dalla normativa in materia di acquisto della cittadinanza, ossia la propria regolare e ininterrotta permanenza sul territorio nazionale risultante dall’attestazione della sua domiciliazione presso il Comune di Lumezzane dal 14/12/1990 al 24/2/1997.
La legge italiana (art. 9 comma 1 legge 91/1992 e DRP 572/1993)  stabilisce che ai fini dell’acquisto della cittadinanza italiana, “si considera legalmente residente nel territorio dello Stato chi vi risiede avendo soddisfatto le condizioni e gli adempimenti previsti dalle norme in materia d'ingresso e di soggiorno degli stranieri in Italia e da quelle in materia d'iscrizione anagrafica”. Il D.P.R. 223/89, inoltre, nel disciplinare le iscrizioni anagrafiche, statuisce all’art. 7 comma 3 che: “Gli stranieri iscritti in anagrafe hanno l'obbligo di rinnovare all'ufficiale di anagrafe la dichiarazione di dimora abituale nel comune, entro sessanta giorni dal rinnovo del permesso di soggiorno, corredata dal permesso medesimo …”. Per consolidata giurisprudenza, pertanto, il requisito della residenza decennale nel territorio della Repubblica italiana deve essere posseduto attualmente ed ininterrottamente alla data di presentazione della domanda, non essendo possibile cumulare periodi diversi nè avvalersi del detto requisito maturato in passato ove, poi, la continuità della residenza sia venuta a mancare (T.A.R. Lombardia Milano, sez. I – 19/4/2007 n. 1899).
Alla luce di ciò il Collegio ritiene che le disposizioni succitate non esigano la mera presenza in Italia dello straniero ma la “residenza legale ultradecennale”, ossia il mantenimento di un’ininterrotta situazione fattuale di residenza accertata in conformità alla disciplina interna in materia di anagrafe (cfr. T.AR. Piemonte, sez. I – 18/12/2002 n. 2077; T.A.R. Piemonte, sez. I – 7/5/2003 n. 671; T.A.R. Piemonte, sez. I – 6/4/2007 n. 1583).
In materia di cittadinanza, infatti, il legislatore ha introdotto il più rigoroso requisito della continuità dell’iscrizione anagrafica, che nella fattispecie non è stato soddisfatto, pertanto il ricorso è infondato.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 501 del 2005, proposto da:
Abdelhak El Houcine, rappresentato e difeso dall'avv. Aldo Luca Nobili Ambrosini, con domicilio eletto presso Aldo Luca Nobili Ambrosini in Brescia, C.so Cavour, 27 (Fax=030/46278);
contro
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distr.le dello Stato, domiciliata per legge in Brescia, via S. Caterina, 6 (Fax=030/41267);
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
DEL DECRETO IN DATA 22/12/2004 N. K10/57317, DI REIEZIONE SULL’ISTANZA DI CONCESSIONE DELLA CITTADINANZA ITALIANA.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13/11/2008 il dott. Stefano Tenca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO
Il ricorrente, cittadino marocchino, soggiorna regolarmente in Italia dal 1990, avendo conseguito il primo valido permesso dalla Questura di Sassari (data rilascio 9/5/1990).
L’istanza di concessione della cittadinanza italiana, presentata il 10/5/2002, veniva respinta con il provvedimento gravato, in quanto “l’interessato non risulta risiedere legalmente da almeno 10 anni nel territorio della Repubblica”: nella motivazione si richiama la mancata iscrizione anagrafica per un periodo di quasi 7 anni, risultando il soggetto cancellato dal Comune di Thiesi (SS) il 27/8/1990 per irreperibilità, con successiva iscrizione all’anagrafe del Comune di Lumezzane (BS) in data 24/2/1997.
In punto di fatto il ricorrente sostiene di essersi allontanato da Thiesi per cercare migliori opportunità lavorative, e di aver ciononostante mantenuto nel medesimo Comune costante reperibilità presso la propria precedente abitazione, occupata da connazionali.
Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione il ricorrente censura il decreto in epigrafe, contestando anzitutto l’avvenuta cancellazione anagrafica, a suo avviso lesiva del diritto a mantenere la residenza anche dopo l’assunzione del domicilio in un Comune diverso; lamenta l’omesso apprezzamento della reperibilità garantita dai suoi connazionali – rimasti ininterrottamente nella sua ex abitazione – e della tempestiva comunicazione al Comune di Thiesi sia del nuovo recapito, accompagnata dalla manifestazione di volontà di mantenere la precedente residenza, sia dei rinnovi dei permessi di soggiorno. Afferma infine la propria regolare e ininterrotta permanenza sul territorio nazionale e produce all’uopo documento (cfr. suo all. 3) del Comune di Lumezzane nel quale si attesta l’avvenuta domiciliazione presso quel Comune dal 14/12/1990 al 24/2/1997.
Si è costituita in giudizio l’amministrazione, chiedendo la reiezione del gravame.
Con ordinanza n. 531, adottata nella Camera di Consiglio del 22/4/2005, la Sezione ha motivatamente accolto la domanda incidentale di sospensione del provvedimento impugnato, mentre il Consiglio di Stato – con ordinanza emessa dalla Sezione VI il 28/9/2005 – ha accolto l’appello, riformando il provvedimento cautelare di primo grado.
Alla pubblica udienza del 13/11/2008 il ricorso veniva chiamato per la discussione e trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il thema decidendum del presente gravame verte sulla legittimità del provvedimento del 22/12/2004 con il quale il Ministro dell’Interno ha respinto l’istanza del Sig. Abdelhak El Houcine diretta ad ottenere la cittadinanza italiana.
Con unico articolato motivo il ricorrente da un lato lamenta l’illegittimità della cancellazione anagrafica – intervenuta in carenza dei presupposti – e dall’altro afferma la sussistenza del requisito previsto dalla normativa in materia di acquisto della cittadinanza, ossia la propria regolare e ininterrotta permanenza sul territorio nazionale risultante dall’attestazione della sua domiciliazione presso il Comune di Lumezzane dal 14/12/1990 al 24/2/1997.
Il ricorso è infondato e deve essere respinto, per le ragioni di seguito precisate.
1. L’art. 9 comma 1 della L. 91/92 stabilisce che “La cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica …. allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica” (lett. f). Il regolamento di esecuzione approvato con D.P.R. 572/1993 specifica a sua volta all’art. 1 comma 2 lett. a) che, ai fini dell’acquisto della cittadinanza italiana, “si considera legalmente residente nel territorio dello Stato chi vi risiede avendo soddisfatto le condizioni e gli adempimenti previsti dalle norme in materia d'ingresso e di soggiorno degli stranieri in Italia e da quelle in materia d'iscrizione anagrafica”. Infine il D.P.R. 223/89 – nel disciplinare le iscrizioni anagrafiche – statuisce all’art. 7 comma 3 che “Gli stranieri iscritti in anagrafe hanno l'obbligo di rinnovare all'ufficiale di anagrafe la dichiarazione di dimora abituale nel comune, entro sessanta giorni dal rinnovo del permesso di soggiorno, corredata dal permesso medesimo …”.
2. La giurisprudenza ha interpretato l’art. 9 lett. f) della L. 91/92 nel senso che il requisito della residenza decennale nel territorio della Repubblica italiana deve essere posseduto attualmente ed ininterrottamente alla data di presentazione della domanda, non essendo possibile cumulare periodi diversi nè avvalersi del detto requisito maturato in passato ove, poi, la continuità della residenza sia venuta a mancare (T.A.R. Lombardia Milano, sez. I – 19/4/2007 n. 1899).
A questo punto diventa decisivo stabilire il significato della prescrizione che impone il rispetto delle condizioni e degli adempimenti previsti dalle norme in materia di iscrizione anagrafica.
Ritiene il Collegio – sottoponendo a revisione l’orientamento assunto in sede cautelare – che le disposizioni succitate non esigano la mera presenza in Italia dello straniero ma la “residenza legale ultradecennale”, ossia il mantenimento di un’ininterrotta situazione fattuale di residenza accertata in conformità alla disciplina interna in materia di anagrafe (cfr. T.AR. Piemonte, sez. I – 18/12/2002 n. 2077; T.A.R. Piemonte, sez. I – 7/5/2003 n. 671; T.A.R. Piemonte, sez. I – 6/4/2007 n. 1583).
3. Una tale interpretazione è suffragata dall’ampia discrezionalità riconosciuta all’amministrazione in sede di concessione della cittadinanza, che presuppone l’accertamento di un interesse pubblico positivo della comunità nazionale all’accoglimento del nuovo soggetto richiedente, affinché essa possa trarne giovamento senza che ciò importi un esclusivo aggravio (Consiglio di Stato, sez. IV – 7/5/1999 n. 799). Il provvedimento è cioè adottato sulla base di un giudizio circa l’avvenuta integrazione dello straniero, e l’apprezzamento globale dell’amministrazione può far riferimento anche a singoli episodi di vita dell’istante che risultino pregiudizievoli per l’interesse pubblico (Tar Lombardia Milano, sez. I – 13/11/2003 n. 4996; sentenza Sezione n. 77 del 27/1/2006).
In buona sostanza il rispetto delle regole formali in materia di iscrizione e cancellazione anagrafica attesta il pieno inserimento dello straniero nel tessuto sociale e l’assimilazione delle norme fondamentali che regolano il soggiorno e la mobilità dei cittadini del nostro paese.
4. Per il resto non possono essere ritenute meritevoli di apprezzamento le plurime censure rivolte avverso la cancellazione dall’anagrafe del Comune di Thiesi, posto che l’atto non risulta ritualmente contestato presso il giudice ordinario.
5. In definitiva se è indubbio che ai sensi della normativa civilistica ed anagrafica la residenza come dimora stabile è data dall’elemento oggettivo della permanenza in un dato luogo (T.A.R. Valle d’Aosta – 20/11/1995 n. 172; T.A.R. Piemonte, sez. I – 24/6/1991 n. 320), in materia di cittadinanza il legislatore ha introdotto il più rigoroso requisito della continuità dell’iscrizione anagrafica, che nella fattispecie non è stato soddisfatto. Osserva peraltro il Collegio che il ricorrente potrebbe avere ad oggi maturato il requisito della residenza decennale e, in assenza di ulteriori elementi ostativi, ha la possibilità di presentare nuovamente la domanda di cittadinanza.
6. In conclusione, il gravame è infondato e deve essere respinto.
L’orientamento difforme assunto in sede cautelare giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti in causa.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Sezione staccata di Brescia, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 13/11/2008 con l'intervento dei Magistrati:
Sergio Conti, Presidente
Stefano Tenca, Primo Referendario, Estensore
Francesco Gambato Spisani, Referendario
   
   
L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE