Salve.
Vorrei sapere se esistono dei tempi di legge precisi per ricevere il decreto di inammissibilità della domanda per matrimonio dopo il ricevimento del preavviso. Mia moglie ha ricevuto il preavviso di inammissibilità della domanda il 20 giugno 2011. Sono già passati quindi quasi 60gg. Oppure si conta dal momento che abbiamo mandato la nostra risposta/osservazioni, quindi dal 30 giugno?
Solo ipotesi.
Sono diventato cittadino italiano a tutti gli effetti il 16 febbraio 2011.
Abbiamo presentato la domanda per matrimonio il 18 marzo 2011.
Il preavviso di inammissibilità ricevuto il 20 giugno 2011 (inammissibile - requisito temporale in un anno dal momento che sono diventato cittadino italiano ).
Come cittadino italiano a tutti gli effetti (la costituzione italiana) sono stato offeso da parte della Prefettura, quindi posso mandare una diffida da parte mia personalmente per poi procedere con una querela e di conseguenza portarli d'avanti a un giudice per risarcimento danni morali?
Non so se si può ipotizzare la retroattività della legge. Non capisco se è la retroattività,visto anche che nella legge non esiste il requisito temporale per un cittadino italiano, quindi coniuge del richiedente.
Sono indignato dal fatto che la Prefettura fa notare che siamo non cittadini italiani, ma cittadini di "secondamano".
Vorrei sapere se qualcuno ha già avuto questo problema e come ha risolto.
Non deve aspettare nemmeno un'ora in piú. La ''motivazione'' é infondata. Richieda ai sensi dalla L. 241/90 a quale normativa si riferiscono (legalmente e giuridicamente, devono essere citati i motivi ed i riferimenti agli artt. e norme richiamate) ai fini dell'avviso del rigetto, fatto ai sensi dell'art 10 bis L 241/90.
Tale articolo, inserito dall'articolo 6 della legge 11 febbraio 2005, n. 15 (In riferimento al presente articolo vedi: Circolare AGEA 30 novembre 2009, N. 51), specifica:
Nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti. La comunicazione di cui al primo periodo interrompe i termini per concludere il procedimento che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo. Dell'eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nella motivazione del provvedimento finale. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle procedure concorsuali e ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali.
Questo articolo é stato aggiunto dal legislatore, per mettere in condizioni l'utente di poter ribadire e dimostrare l'infondatezza legale ed od giuridica della motivazione che preannuncia il rigetto motivato e potenziare gli effetti della difesa stragiudiziale (autodifesa, procedimenti di autotutele o comunque fuori dalle aule del Tribunale). Poiché la Prefettura non ha giustificato e motivato come dovuto (esiste giurisprudenza al riguardo), mi permetto suggerirle un'immediata diffida ad adempiere, sia per i tempi assoolutamente fuori termini temporali, sia per la mancanza di motivazione, che produce nel caso d'insistenza, un'immediata omissione di atti di ufficio, da denunciare ai Carabinieri senza indugio. Gli diffidi ad adempiere per i tempi ormai scaduti e per le mancate motivazioni e loro riferimenti legislativi e gli dia tre giorni di tempo per provvedere.
L'omissione di atti di ufficio é un reato che per configurarsi necessita due fattori: la mancanza di concludere il procedimento ed il dolo. In caso peró che l'Amministrazione, si rifiuti di dare le motivazioni come detta la legge e la giurisprudenza, il dolo é immediatamente configurato per ormai abbatsanza chiara giurisprudenza penale.
Riferimenti giuridici:
Consiglio Stato, sez. IV, 31/03/2010, n. 1834
La motivazione del provvedimento amministrativo è intesa a consentire al cittadino la ricostruzione del percorso logico e giuridico mediante il quale l'Amministrazione si è determinata ad adottare un dato provvedimento, controllando il corretto esercizio del potere ad esso conferito dalla legge; di conseguenza è illegittimo il provvedimento amministrativo nel quale non si dia conto delle motivazioni in risposta alle argomentate osservazioni proposte dal privato a seguito dell'avviso dato ai sensi dell'art. 10 bis, l. 7 agosto 1990 n. 241, limitandosi l'Amministrazione ad affermare in modo apodittico e con formula di mero stile che non emergono nuovi elementi tali da far volgere la decisione in senso favorevole a quanto richiesto dall'interessato.
(Annulla Tar Toscana, sez. II, n. 130 del 2001).
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Cassazione penale, sez. VI, 27/10/2010, n. 40008
I.
In tema di omissione o rifiuto di atti d'ufficio, la richiesta scritta di cui all'art. 328, comma 2, c.p. assume la natura e la funzione tipica della diffida ad adempiere, dovendo la stessa essere rivolta a sollecitare il compimento dell'atto o l'esposizione delle ragioni che lo impediscono. Ne consegue che il reato si consuma quando, in presenza di tale presupposto, sia decorso il termine di trenta giorni senza che l'atto richiesto sia stato compiuto, o senza che il mancato compimento sia stato giustificato. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso la sussistenza del reato, osservando che le lettere inviate dal denunciante al pubblico ufficiale non contenevano diffide ad adempiere, ma istanze dirette ad ottenere il rilascio di atti e l'adozione di provvedimenti in materia edilizia).
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Cassazione penale, sez. VI, 05/06/2007, n. 31669
Codice Penale art. 328
Il reato di omissione di atti d'ufficio (art. 328, comma 2, c.p.), sotto il profilo dell'elemento soggettivo, richiede la prova della consapevolezza del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio di avere ingiustificatamente omesso di dare risposta all'intimazione del privato; indagine che deve essere particolarmente accurata in presenza di tempestive iniziative adottate ai fini della istruzione della pratica, di cui il privato sia stato messo a conoscenza.
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Cassazione penale, sez. VI, 03/07/2000, n. 8949
Ai fini della configurabilità del reato di rifiuto di atti d'ufficio è necessario che il pubblico ufficiale sia consapevole del suo contegno omissivo, nel senso che deve rappresentarsi e volere la realizzazione di un evento contra ius; tale requisito di illiceità speciale delimita la rilevanza penale solamente a quelle forme di diniego di adempimento che non trovano alcuna plausibile giustificazione alla stregua delle norme che disciplinano il dovere di azione.
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Cass. pen. 1987, 913 (s.m.)
Per la configurabilità del reato di cui all'art. 328 c.p. si richiede, sotto il profilo psicologico, il dolo generico, cioè, la volontà cosciente da parte del pubblico ufficiale di rifiutare, ritardare od omettere l'atto da lui dovuto: l'avverbio " indebitamente " inserito nel dettato legislativo, non comporta l'esigenza di un dolo specifico, ma sottolinea la necessità della consapevolezza di agire in violazione dei doveri imposti. Il dolo generico deve, comunque, ritenersi escluso in caso di omissione o rifiuto di atti di ufficio realizzati in buona fede, sempre che di questa sia stata fornita la prova.
Cassazione penale, sez. VI,
20/11/1985