La legge 91/1992 regola la materia della cittadinanza e all’art. 5 prevede che “[Il coniuge straniero o apolide di cittadino italiano] (non c’è differenza tra marito e moglie) [acquista la cittadinanza italiana quando risiede legalmente da almeno sei mesi nel territorio della Repubblica, ovvero dopo tre anni dalla data del matrimonio, se non vi è stato scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili e se non sussiste separazione legale]”.
L’ipotesi della separazione legale tra i coniugi è presa in considerazione dall’articolo citato, prevedendosi che l’acquisto della cittadinanza è precluso se è già intervenuta la separazione legale tra i due coniugi.
Bisogna però valutare in quali termini opera nel corso del tempo questa previsione, in altre parole, se la intervenuta separazione legale ha rilievo nel caso in cui essa sia già intervenuta nel momento in cui viene presentata la domanda di cittadinanza, o se invece - come è successo in questo caso - la successiva separazione promossa tra i coniugi possa influire sull’esito della domanda di acquisto della cittadinanza italiana per matrimonio precedentemente presentata.
Si deve al riguardo considerare anche un’altra norma della legge 91/1992 citata, laddove si prevede che (art. 8, comma 2) “L’emanazione del decreto di rigetto dell’istanza è preclusa quando dalla data di presentazione dell’istanza stessa, corredata dalla prescritta documentazione, sia decorso il termine di due anni”.
Nel nostro caso, poiché sono già scaduti i due anni previsti dalla legge per il riscontro della cittadinanza presentata a seguito di matrimonio, si dovrebbe ritenere che l’interessata abbia comunque acquisito un diritto alla concessione della cittadinanza italiana perché, secondo la disposizione appena menzionata, è precluso il rigetto della domanda una volta che siano già decorsi due anni.